27 febbraio 2008

Ma che paese è questo?

Avendo comprato da poco casa, in una palazzina di nuova costruzione, ho dovuto provvedere ad attivare tutte le utenze del caso. Per luce e gas tutto ok, il problema in questo paese è avere una linea telefonica fissa.

A settembre, approfittando delle liberalizzazioni, provo a chiedere la linea a Infostrada. Sul sito specificano che l’offerta è valida anche per chi, come me, deve attivare una nuova linea. Dopo qualche settimana passa un tecnico Infostrada che si accorge che lo stabile non è ancora raggiunto dai cavi Telecom e mi dice che ne solleciterà l’intervento (io l’avevo segnalato all’operatore con cui ho avviato la pratica, ma evidentemente quello che conta è prendere il cliente).
Dopo di che non sento più nulla. Cerco di mettermi in contatto col 155 e non mi riconosce ne in base al numero di telefoni assegnatomi, ne col numero cliente.
Rinuncio! Infostrada finisce in lista nera e decido di rivolgermi almeno per attivare la linea all’ex monopolista.

Chiamo il 187 a fine dicembre e mi prospettano l’attivazione della linea per metà gennaio. A inizio gennaio si accorgono che la palazzina non è raggiunta della loro rete e fissano l’appuntamento a inizio Marzo. A fine Febbraio si accorgono che l’intervento necessita di interventi di scavo (????) e lo spostano nuovamente a inizio Giugno…
Ammesso e non concesso che sia la volta buona significa che per avere un cavo di rame che parta da una centralina Telecom (esistente) per giungere ad una nuova costruzione è di almeno 6 mesi!!!

Fortuna che abito in una zona centrale di una città di 20.000 abitanti del nord Italia… Anche se a volte faccio fatica a pensare di vivere in un moderno paese occidentale…

Federalismo fiscale? No grazie

Ieri sera a "Otto e Mezzo" su La7 ho avuto modo di gustarmi per qualche minuto un delizioso faccia a faccia fra gli Onorevoli Calderoli e Lombardo. La strana coppia di giannizzeri che scorteranno alle prossime elezioni, uno al nord e l'altro al sud (e al centro? Bho!!!), Berlusconi.
A parte l'assurdità di dover pensare ai due personaggi a braccetto nella stessa coalizione, mi sono dovuto sorbire i due personaggi decantare all'unisono le meraviglie del federalismo fiscale, invitando i telespettatori a immaginare le inenarrabili opere di bene che gli illuminati (forse anche illuminanti) presidenti di regione potrebbero elargire agli italiani tutti…

Innanzitutto a Lombardo, che è siciliano, vorrei far notare che la sua regione, pur godendo di un'amplissima autonomia amministrativa, non risulta essere ai primi posti in Italia per efficienza ed efficacia nella gestione della cosa pubblica.
Il punto è, però, la gigantesca bugia che fa da fondamento all'idea del federalismo fiscale, ovvero l'illusione che spostando i centri di spesa dal livello nazionale a quello regionale si otterrebbe una
maggiore possibilità per il cittadino di controllare gli amministratori pubblici nell'esercizio delle proprie funzioni.
A mio avviso al giorno d'oggi la dimensione locale non offre più al cittadino le opportunità di controllo che, forse, offriva ieri. I cittadini sempre più spesso non vivono più il contesto sociale del
loro paese/città di residenza. Io ho la residenza in una città di oltre 20.000 abitanti in provincia di Bergamo, ma passo gran parte del mio tempo a Milano per lavoro. Se incrociassi per strada il mio sindaco non lo riconoscerei nemmeno!
La proposta tra l'altro non vede nemmeno l'applicazione del federalismo fiscale e livello comunale, ma regionale. Mi spiegate perché per un bergamasco, un bresciano o un varesino il governo regionale di Milano debba essere meglio del governo nazionale di Roma?
Il senso di appartenenza locale dei cittadini ha base provinciale e non regionale. La cosa è ben evidenziata dal tifo calcistico diviso su base provinciale e non regionale, infatti, non mi risulta che i
lombardi tifino per la Longobarda!

Come per i trasporti l'unità di misura giusta della distanza è il tempo e non lo spazio, così è sbagliato considerare che la capacità di controllo dei cittadini sia inversamente proporzionale al numero livelli istituzionali posti fra essi e il politico. Ciò perché le notizie non giungono al cittadino per via istituzionale, ma mediante i mezzi di informazione, la cui efficacia è direttamente proporzionale alle dimensioni assolute del centro di potere investigato.
Nella società della comunicazione di oggi si ha un maggior grado di controllo sugli amministratori pubblici tanto più questi sono posti in organi centralizzati. Solo un governo nazionale potrà giovarsi delle attenzioni di "rompiscatole di professione" come Travaglio e tanti altri giornalisti che negli ultimi anni hanno avuto modo di scrivere delle inefficienze del sistema politico e istituzionale italiano.

Quindi dico NO al federalismo fiscale, SI ad uno stato centralizzato riformato, SI all'abolizione delle regioni!

14 febbraio 2008

Ahi, ahi, Veltroni

E bravo Veltroni! E' riuscito a mandare in fumo tutto il lavoro fatto dalla caduta del governo ad oggi con l'abile mossa dell'alleanza con Di Pietro.
Se decidi di andare alle elezioni da solo vai fino in fondo. Che senso ha mandare a quel paese la sinistra arcobaleno, i socialisti e i radicali per poi presentarsi in alleanza con l'Italia dei valori?

La missione del PD è perdere bene alla camera e pareggiare al senato in modo da replicare a ruoli invertiti lo schema della legislatura che si sta chiudendo. Per poi aderire ad un governo in coalizione con il PdL e fare finalmente le riforme istituzionali di cui necessita il politicapaese.
La mossa dell'alleanza proprio non mi sembra coerente con la strategia….

7 febbraio 2008

Ladri e truffatori senza vergogna...

"Trecento milioni, più precisamente 49.964.574,57 euro all’anno per ogni Camera da dividere tra tutti i partiti: un euro all’anno per ogni voto alla Camera e un euro per il Senato. Vale a dire che ogni elettore, o meglio ogni cittadino iscritto alle liste elettorali, anche se non vota, vale 10 euro a legislatura, con le elezioni anticipate di aprile, varrà 16 euro per la prossima. L’inghippo è nascosto al secondo comma lettera a) del quattordicesimo capitolo dell’articolo 39 della legge 51 del 2006, approvata poco prima delle ultime elezioni, proposta dal ministero dell’Economia di Giulio Tremonti con il patrocinio bipartisan dei partiti e dei loro tesorieri: in caso di elezioni anticipate i rimborsi, versati di anno in anno, «non si interrompono»." (da Republica.it)

4 febbraio 2008

Riflessioni su democrazia e legge elettorale

Democrazia è rendere conto del proprio operato agli elettori di ciò che si è realizzato e di ciò che si intende realizzare in futuro. Fare ciò che vogliono i cittadini è demagogia e populismo.
I nostri politici, come anche i comici, sembrano non essere in grado di distinguere tra le due situazioni e hanno la preoccupante tendenza a rifugiarsi nella seconda.
Se i nostri governi dovessero essere sempre guidati dalla sirena della demagogia tanto varrebbe sopprimere il parlamento e sottoporre ogni proposta di legge direttamente ai cittadini, magari mediante referendum su internet.

Il principio generale che dovrebbe guidare un buon governo dovrebbe essere quello che "si governa per farsi rimpiangere".
In Italia col passaggio da prima a seconda Repubblica siamo invece passati da un poco entusiasmante "si governa per esercitare il potere" ad un folle, tra l'altro anche inefficace, "si governa per farsi rieleggere".

Un paese che voglia progredire, preservando così il proprio benessere, ha bisogno di una guida, è questo il vero significato della parola leadership, e il compito di una buona legge elettorale è farne
emergere una.
L'esperienza degli ultimi 15 anni ci ha mostrato come il sistema bipolare italiano sia incapace di dare una guida vera al paese.
Anche un uomo di straordinario carisma e ampio consenso come Berlusconi, oltre ad essere stato castrato dalle perverse logiche di coalizione, alla fine si è dimostrato essere un capopopolo e non un leader. Anzi, incredibilmente è stato Prodi a dimostrare maggiori doti di leadership.

E' quindi assodato che lo schema fin qui visto debba essere scardinato e sarebbe opportuno che ciò avvenga per "selezione naturale" e non per "fusione" tra i partiti esistenti.
Il rischio delle fusioni è che si creino accozzaglie incoerenti, senza anima e con pochissime idee, come il PD il cui segretario (proprio non mi sembra un leader) è costretto a tragicamente esilaranti ma-anchismi per tenere assieme ex-diessini ed ex-margheritini.
Al contrario con un processo di "selezione naturale" dei partiti si otterrebbero dei soggetti più forti, meglio definiti, più ricchi di idee ed ideali di quanto non lo siano ora e quel che più conta, in
virtù di ciò, sarebbero in grado di esprimere leadership forti.
Per fare ciò è fondamentale che si metta mano alla legge elettorale in modo che i piccoli partiti soccombano, che le coabitazioni forzate in coalizioni instabili siano impedite, che i parlamentari possano aderire solo al gruppo parlamentare del partito che li ha fatti eleggere o al gruppo misto, che ai cittadini elettori torni il potere di scelta fra i candidati.